Nel 1905 lo psicologo francese Alfred Binet pubblicò il primo test di intelligenza moderno, la Scala Binet-Simon. Era una scala metrica di intelligenza che restituiva un unico punteggio totale chiamato QUOZIENTE INTELLETTIVO (QI). Il suo scopo era poter identificare in età precoce gli alunni che avevano bisogno di un particolare aiuto nelle materie scolastiche.
Questo tipo di metodo di valutazione dell'intelligenza viene ben presto superato, poiché si comprende che esistono diversi tipi di intelligenza di cui il QI non tiene conto.
Un biologo evoluzionista della Purdue University, William Muir, fece uno studio sui polli. Voleva sapere come rendere i suoi polli più produttivi, così escogitò un bell’esperimento: i polli vivono in gruppi, quindi ne selezionò una colonia media e la lasciò crescere per sei generazioni. A questo punto, creò un secondo gruppo composto dagli individui più produttivi, che chiameremo super polli. Questi furono riuniti in una super colonia, selezionando da ogni generazione soltanto gli individui più produttivi.
Dopo sei generazioni, indovinate cosa scoprì? I polli del primo gruppo, quello medio, se la passavano benissimo. Erano tutti belli grassottelli e ben piumati e la produzione di uova era aumentata notevolmente. E il secondo? Tutti morti, eccetto tre superstiti che avevano beccato a morte tutti gli altri. Gli individui più produttivi avevano raggiunto il successo solo eliminando la produttività degli altri.
Cos’è, dunque, che rende alcuni gruppi evidentemente più efficaci e produttivi di altri? Questa domanda se l’è posta un gruppo di ricercatori del MIT.
Dopo aver reclutato centinaia di volontari, li hanno divisi in gruppi e assegnato loro problemi di difficile soluzione.
Com’era prevedibile, alcuni gruppi sono stati molto più bravi di altri ma, significativamente, i migliori non si sono dimostrati quelli che contenevano uno o due individui dal Q.I. eccezionale. E nemmeno i gruppi con il Q.I. complessivamente più elevato.
Le squadre migliori avevano, invece, tre caratteristiche. Innanzitutto, avevano un elevato grado di sensibilità sociale reciproca, un indice che viene misurato con il Test di Lettura dello Sguardo, ritenuto in genere un test di valutazione del grado di empatia. I gruppi con un punteggio elevato a questo test sono risultati migliori. In secondo luogo, nei gruppi migliori tutti avevano lo stesso tempo per parlare, in modo che non ci fosse una voce dominante, ma neanche partecipanti passivi. E infine, i gruppi più bravi erano quelli dove c’erano più donne.
Sarà perché le donne di solito totalizzano punteggi più elevati al Test di Lettura dello Sguardo, finendo per raddoppiare il quoziente di empatia? O perché apportano una prospettiva diversificata? Non si sa con precisione, ma la cosa più rilevante di questo esperimento, oltre a ciò che sappiamo, e cioè che alcuni gruppi sono migliori di altri, è la dimostrazione che l’elemento chiave è costituito dalla loro connessione sociale reciproca. Diversi studi stanno quindi oggi dimostrando come la sensibilità sociale aumenti il Quoziente (Q) collettivo (C)
Il QE fa capo al concetto di Intelligenza Emotiva. Quest’ultima si definisce come la capacità di conoscere e comprendere le proprie e altrui emozioni, saperle gestire e saperle adoperare coscientemente nella vita di tutti i giorni. Da questo concetto nasce il C= quoziente emotivo collettivo.
Quando parliamo di intelligenza collettiva, ci riferiamo alla capacità di un gruppo di auto-organizzarsi e di mostrare un comportamento globale che evidenzia una capacità cognitiva superiore a quella data della somma delle intelligenze degli individui che compongono il gruppo.
Il termine stigmergia fu introdotto dallo zoologo Pierre-Paul Grassè, al fine di spiegare il comportamento delle termiti durante la costruzione dei nidi; esso deriva dalle parole greche “stigma” ed “ergon”, cioè “segno” e “lavoro”, il che significa "lavoro guidato da stimoli".
"La stigmergia è una forma di comunicazione che avviene alterando lo stato dell'ambiente in un modo che influenzerà il comportamento degli altri individui per i quali l'ambiente stesso è uno stimolo." (J. Kennedy, R. C. Eberhart, "Swarm Intelligence", Morgan Kaufmann Publishers, 2001).
La stigmergia fornisce una visione ad alto livello in cui N agenti cooperano per raggiungere un qualche obiettivo, si ottiene quindi un meccanismo generale che relaziona il comportamento individuale con quello della “colonia”. Nel mondo animale ci sono innumerevoli esempi di questo tipo. L’uomo a sua volta ha più o meno inconsciamente messo in atto processi di stigmergia, che vanno proprio incontro al tema più ampio dell’intelligenza collettiva.
Possiamo facilmente osservare un classico esempio di stigmergia nella comunità scientifica internazionale o in piattaforme più svincolate come ad esempio Wikipedia o la comunità di sviluppatori di Linux e altri prodotti generati in modalità “open source”. Un sistema stigmergico può essere dunque attivo o passivo e in genere presenta le seguenti caratteristiche:
· Scalabilità;
· Tolleranza ai guasti;
· Adattabilità;
· Velocità;
· Modularità;
· Autonomia;
· Parallelismo.
L'intelligenza collettiva può essere utile per le aziende in diversi modi:
· può aiutare a migliorare la comunicazione e la collaborazione tra i dipendenti, favorendo l'innovazione e la creatività. Secondo lo studio Global innovation 1000, pubblicato annualmente da Strategy& de PwC, le imprese che innovano maggiormente sono quelle che coinvolgono in maniera massiva i loro collaboratori nell'effort di ideazione.
· può fornire alle aziende una vasta gamma di punti di vista e competenze, che possono essere utilizzati per trovare soluzioni a problemi complessi che non possono essere risolti da un singolo individuo.
· può aiutare le aziende a diventare più flessibili e adattabili, permettendo loro di rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle nuove opportunità di business.
Soffermiamoci anche un secondo sulle dimensioni del potenziale di connessioni che abbiamo oggi, di gran lunga superiore a quello di anche solo dieci anni fa. Partiamo di solito dall’ammirare le potenze di calcolo dei super computer, ma vediamo a cosa in realtà li stiamo mettendo a confronto: potenza di calcolo di un cervello umano = 30 supercalcolatori di ultima generazione = 300milioni di smartphone
Tutti i computer del mondo arrivano ad equiparare la potenza di calcolo di circa 1000cervelli umani...E noi siamo quasi 8 miliardi… connessi… sempre… ovunque.
La nuova era dell'intelligenza non è quella in cui i computer e le macchine sono sempre più potenti, ma quella in cui il collettivo arriva ad esprimersi ad una scala inimmaginabile rispetto alle generazioni precedenti, grazie alla dimensione e alla (potenziale) qualità delle reti.
Per migliorare la qualità di una rete si parte dal concetto di saggezza delle folle e, più precisamente, dalle caratteristiche di una folla “saggia”. Seppur enorme, il potenziale della rete può infatti essere fonte di conformismo e bias. Non è un caso che Le Bon sostenga che: per il semplice fatto di appartenere ad una folla, l'uomo scende di diversi gradini nella scala della civilizzazione. Il fenomeno delle folle viene inizialmente studiato, per comprendere i grandi fenomeni collettivi (es. guerre e moti) e per capire come prevenirli. Le persone nelle folle possono essere caratterizzate da impulsività e influenzabilità. Inoltre possono:
- sviluppare una unica mente collettiva
- subire contagio mentale
- alimentare senso di potenza
- creare suggestionabilità
- funzionare in modo regressivizzante
La folla può essere dunque massa conforme, uniforme. Questo non è il concetto di Folla che intendiamo in una rete che pensa collettivamente, ma piuttosto l'opposto. Per folla si intende un insieme di individui e persone varie, emotivamente intelligenti. E quindi aperte e pronte all’ascolto e immerse in una rete di scambio. E' questo tipo di folla caratterizzata da persone con punti di vista differenti che porta ricchezza alla collettività. E’ solamente quando ognuno riflette in maniera indipendente che il collettivo può essere intelligente. Questo potrebbe contraddire il concetto di sensibilità sociale, intelligenza emotiva ed empatia, ma è solo una contraddizione superficiale. In realtà l'ascolto e l'empatia non sono l'obiettivo finale, bensì il mezzo. Servono, cioè, a fluidificare la comunicazione, in modo che ciascuno possa esprimere le sue differenze e far valere il proprio punto di vista, senza essere pressato al conformismo o ad un falso consenso dettato da chi parla a voce più alta.
Questo mindset orientato al pensiero collettivo, su scale che vanno dai piccoli team fino ad arrivare ad una popolazione aziendale, ad una comunità, alla popolazione planetaria è d’aiuto alle nuove generazioni di leader, che operano nel più alto interesse delle organizzazioni e delle sfide del Pianeta promuovendo ambienti fertili per la contaminazione di diversi punti di vista e favorendo la crescita di team di lavoro in sinergia con il mondo e in forte rete di scambio.
Abbandonando l'idea cartesiana del Cogito ergo sum, (cioè di avere un cervello indivisibile, individuale e coerente) e accettando piuttosto di essere aggregatore del collettivo, si diventa più intelligenti.
Pensare insieme ci fa arrivare lontano.
L’intelligenza collettiva comincia da qui